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Bamboccioni, raccomandati o solo figli di uno Stato distratto?

A cura di Antonio Gigliotti

Meritocrazia: sistema sociale in cui la distribuzione di riconoscimenti e compensi è commisurata al valore della raccomandazione di ognuno. (Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010)

Crisi, spread e riforme. Temi che ormai nelle ultime settimane tengono sempre banco sui giornali. Ma la settimana scorsa, oltre a questi classici dibattiti, c’è stata un’altra, grande, polemica ad attrarre l’attenzione dei commentatori, ossia quella dei nostri giovani sfigati, che vogliono il posto fisso (che monotonia!) e lo vogliono, pure, vicino a mamma e papà.

Queste, in sintesi, le dichiarazioni del governo Monti sui giovani di oggi. Ma non tutti sono stati d’accordo con queste (facili) semplificazioni. Sui social network le risposte piccate ai vari ministri, Presidente del Consiglio compreso, si sono sprecate così come gli editoriali, di firme autorevoli, sui giornali.

L’Italia ha un problema serio con il mondo del lavoro; scaricare tutto su dei ragazzi svogliati e viziati sembra davvero ingeneroso. Anche perché la media degli universitari italiani si laurea tra i 23 e 24 anni, in perfetta media europea.

La questione è l’accesso al mondo del lavoro e non tanto il dibattito, ormai noioso e ripetitivo, sull’articolo 18. Qui c’è un allarme disoccupazione per i giovani italiani e ciò non può dipendere da loro, anche perché molti vanno all’estero proprio perché qui non ci sono possibilità (altro che mammoni).

Ma, si sa, noi italiani abbiamo il gusto della polemica… così un giornale come Libero ha iniziato una campagna sui figli dei ministri: cosa fanno, dove lavorano e se sono poi così diversi da quei giovani che tanto hanno criticato.

Il caso più emblematico è stato quello della figlia del Ministro Fornero: Silvia Deaglio (il padre è Mario Deaglio, economista e giornalista), due posti fissi nell’università di famiglia. Insegna nell’ateneo dei genitori e guida una fondazione finanziata dalla Sanpaolo, di cui la madre era vicepresidente.
Ma ad onor del vero bisogna dire che il curriculum della figlia del ministro Fornero è invidiabile: a soli 24 anni si è brillantemente laureata in Medicina, per poi specializzarsi in Oncologia nel 2002, con il dottorato in genetica umana conseguito nel 2006. Appena conseguito il Master, e mentre ancora svolgeva un dottorato in Italia, otteneva un incarico presso il prestigioso Beth Israel Deaconess Medical Center di Harvard, il celebre college di Boston.

Può essere una colpa essere figli di genitori importanti? È un crimine per un genitore (famoso e non) preoccuparsi dei propri figli? È questo il nodo da sciogliere!

Se in Italia ci fosse più meritocrazia, forse, questa inutile polemica non esisterebbe neanche.

Meritocrazia. Una parola stupenda di cui ormai si sente parlare solo per puri scopi di retorica o di denuncia. Nel mondo del lavoro la meritocrazia dovrebbe essere il requisito essenziale, ma non in Italia purtroppo, dove questa è surclassata da requisiti un po’ meno meritori, come le appartenenze, la famiglia d’origine, l’affiliazione a lobby più o meno potenti ed influenti.

Con questi “ cattivi” requisiti anche un perfetto idiota può aspirare a posizioni di prestigio, creando un danno irreparabile non solo a chi avrebbe davvero meritato quella posizione, ma a tutta la società ed all’intero sistema.

Ma allora cos’è in realtà la meritocrazia? Licenziare i “fannulloni” nel settore pubblico? Eliminare le raccomandazioni? Ritengo nulla di tutto ciò. Certamente licenziare i “fannulloni” è sacrosanto, ma forse ci si dovrebbe chiedere: cosa fare dei milioni di giovani che non sono fannulloni e che bisognerebbe valorizzare? Negli USA, patria della meritocrazia, ad esempio, le “recommendations” portano a riempire un posto di lavoro su due. Trattasi però di “raccomandazioni” molto diverse dalle nostre.

Infatti, oltreoceano, qualora qualcuno segnali la presenza di un soggetto particolarmente bravo ed adatto ad un determinato posto di lavoro, il “segnalatore” userà grande cautela, visto che metterà in gioco la propria reputazione e risponderà moralmente della futura performance del “segnalato”. Da noi, invece, si raccomandano con leggerezza persone che non si conoscono (dal punto di vista delle capacità professionali), per posti di lavoro che non si conoscono.

“Meritocrazia” in realtà è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna.
Che dire, poi, ascoltando le diverse interviste televisive, degli svarioni grammaticali dei vari onorevoli parlamentari? Che abbiamo, ancora una volta, l’ennesima conferma del fatto che nel cosiddetto “belpaese”, conta ben poco la Conoscenza, anche dell’italiano, rispetto alle conoscenze, specie se “Politiche”.

Il problema quindi non è il figlio di “papà”, il problema è l’assenza dello Stato. La scarsa qualità del nostro sistema scolastico. I nostri giovani non sono competitivi e la colpa è del sistema che non li forma abbastanza.

La vera lacuna, semmai, è la disparità delle situazioni di partenza. Non tutti hanno le stesse possibilità di accesso all’istruzione, al mondo del lavoro. Siamo un Paese senza mobilità sociale. Il lavoro si passa da genitore a figlio, la vera parentopoli è quella alimentata da uno Stato che non si preoccupa dei propri figli, intere generazioni bloccate e obbligate ad ereditare mestieri non scelti.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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