13 settembre 2013

CARO TRAVAGLIO, MI CONSENTA…

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi,
mi rendo conto, soprattutto in questi giorni di tensione politica, che c’è gente che si erige sempre a insegnante e castigatore dei comportamenti altrui, senza averne le credenziali. Leggo di soggetti che, altamente formati in non pochi settori, si dilettano a spaziare coi propri ammonimenti anche su lidi che non rientrano tra le proprie specializzazioni. E questo atteggiamento, in tutta sincerità, mi reca non poco fastidio.

Tra questo novero di luminari mi trovo costretto a includere un personaggio di levatura che, tutto sommato, ho sempre apprezzato. Mi riferisco a Marco Travaglio e a un passaggio del suo editoriale del 12 settembre 2013. In sostanza, il giornalista tacciava come la “più blanda dell’universo” la legge penale tributaria introdotta nel nostro Paese. A sostegno della propria ‘tesi’, Travaglio sottolineava che non sarebbe considerato reato un’evasione inferiore ai 50 mila euro o una frode al Fisco al di sotto della soglia del 33 mila euro. “Del resto, grazie al centrosinistra, abbiamo la legge penale tributaria più blanda dell’universo: se non evadi almeno 50 mila euro o non frodi il fisco per almeno 33 mila euro all’anno, non è reato”, queste le testuali parole estrapolate dallo scritto del giornalista. Quando ho letto questa frase mi trovavo in aereo e non vi nascondo che ho sobbalzato dalla sorpresa. Mi sono infatti chiesto come abbia potuto una persona, verso la quale nutro il massimo rispetto, eccedere in maniera tanto lontana dalla realtà.

Tutto si può dire, tranne che il nostro sistema tributario, comprensivo delle recenti modifiche, sia blando! E non sono di certo solo io a dirlo, ma tutta una schiera di imprenditori e famiglie di contribuenti che si trovano ad oggi schiacciati da una pressione fiscale esorbitante (44,5% del Pil!!) e che se evadono in alcune circostanze, non lo fanno per vocazione all’illegalità, quanto più che altro per riuscire a sopravvivere in questo mare di tasse, tributi, imposte e adempimenti che sta travolgendo l’intero comparto economico e sociale.

Ora, comprendo molto bene lo sdegno nei confronti di un sistema che è più leggero per i potenti e più forte con i deboli. È il mio stesso sdegno! Tuttavia, allo stesso tempo, non posso accettare che passi in sordina un’affermazione tanto offensiva nei confronti di quella gente (imprenditori o semplici contribuenti) che, a causa di un sistema che Travaglio definisce erroneamente ‘blando’, stanno perdendo le speranze di una vita.

Riconosco l’eccellente capacità oratoria del giornalista, la sua attenzione e precisione su questioni delicate inerenti le malsane commistioni tra giustizia, politica e illegalità, ma è chiaro che forse la materia fiscale non è conosciuta da Travaglio con altrettanta dovizia. È pur vero che chi ha la sicurezza di un grosso e meritato compenso a fine mese, nulla sa della fatica di chi invece alla fine del mese deve arrivarci tra vorticosi calcoli e innumerevoli sacrifici.

Viviamo nel Paese del paradosso, dove lo Stato pretende una fedeltà fiscale di anno in anno più onerosa, imponendo dure sanzioni con interessi e ruoli per chi viene meno all’obbligo adempimentale, ciononostante questo stesso Stato tanto rigido non paga i propri debiti o, quando lo fa, si ritiene libero di deciderne tempi, modalità e importi… Lasciando a corto di liquidità quelle stesse imprese dalle quali poi pretende il dazio.

Viviamo in un Paese in cui l’instabilità politica non è la novità delle ultime settimane, bensì uno status che ci trasciniamo dietro da decenni. E se gli investitori esteri sono preoccupati a causa di simili incertezze la colpa non è certo dei piccoli imprenditori che evadono per sopravvivere, quanto invece di quei governanti che non si sono prodigati (oggi come in passato) a intervenire in maniera radicale e risolutiva.

Viviamo in un Paese in cui le banche concedono prestiti solo a chi è in grado di offrire una garanzia equivalente all’ammontare richiesto. In sostanza, i soldi vengono prestati a chi già li ha! Ti offrono l'ombrello in estate quando c’è il sole, ma se scende giù la pioggia scappano via a gambe levate! E sono queste le stesse banche che poco più di un anno fa avevano ricevuto dall’Europa circa 250 miliardi ad un costo dell’1%. A cosa credete abbiano destinato questi incassi? Ad allentare il credit crunch per imprese e famiglie? No, neanche per idea! Le banche hanno intascato quei soldi e li hanno convogliati alla volta di operazioni finanziarie più redditizie e sicure. È chiaro quindi che questi istituti bancari, causa originaria della crisi, sono sempre pronti a incassare, ma il rubinetto per chi chiede lo tengono chiuso!

E ancora, viviamo nel Paese dove si fa della giusta lotta all’evasione una commediamediatica, con blitz dell’ultima ora e slogan accattivanti, senza però che nessuno osi interrogarsi sugli sprechi (tanti… troppi!!!) del denaro pubblico ad opera di politici e dirigenti. Tutto ciò considerando che un imprenditore può rischiare la denuncia anche quando la sua evasione non è meramente tale, bensì un mancato pagamento di imposte a causa di assenza di liquidità.

In definitiva, quella da me tratteggiata non è che una sintesi della realtà nella quale viviamo, fiscalmente parlando. Se tali drammaticità risultano blande, prodotte da una legge penale tributaria ‘moderata’, allora non stiamo parlando dello stesso Paese. Non stiamo parlando di quel Paese nel quale vivo e lavoro, nel quale vivono e lavorano (ancora per poco) decine e decine di piccoli e medi imprenditori che si stanno chiedendo se continuare a resistere o chiudere. Questo è quanto, e se un giornalista quotato come Travaglio ritiene che la legge ci vada troppo leggero, allora con le sue alte conoscenze potrebbe benissimo proporre l’introduzione della pena di morte per tutti coloro che evadono a partire da un minimo di mille euro. In tal modo giustizia sarà fatta e l’Italia ritroverà la via della ripresa…

Concludo amaramente la mia riflessione pensando che forse aveva proprio ragione Alexandre Dumas, il padre, a scrivere che “per bene che si parli, quando si parla troppo, si finisce sempre per dire delle bestialità”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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