13 aprile 2015

Commercialisti: l'urlo dei collaboratori

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici,

quante volte su queste pagine abbiamo messo in evidenza le assurdità del nostro sistema fiscale, sottolineando come la mancanza di una politica fiscale a lungo raggio crei confusione, complicazione e difficoltà tra gli operatori del settore. Negli ultimi decenni, nascosti sotto il nome di una presunta lotta all’evasione fiscale o di una semplificazione fiscale, abbiamo assistito al peggio dal punto di vista normativo.

Norme senza senso, provvedimenti inutili e il tutto condito dalla mancanza di norme chiare, ma ispirate al solo fine di far cassa. Ci danno un’idea di cosa intendono loro per lotta all’evasione fiscale provvedimenti come il POS, obbligatorio per tutti salvo poi scoprire che ci sono contribuenti che nella loro attività non lo utilizzeranno mai, o del 730 precompilato, che rappresenta forse uno dei più grandi bluff subiti dagli italiani.

Detto ciò, abbiamo spesso messo in evidenza come negli ultimi decenni la categoria dei commercialisti sia stata protagonista di un declino dovuto a una professione resa impossibile per via, come dicevo poc’anzi, di una legislazione fiscale senza alcuna logica e spesso maturata soltanto dall’esigenza di incrementare le entrate erariali. Professionisti che per poter far fronte ai vari adempimenti quasi quotidiani hanno dovuto mutare le proprie condizioni e abitudini di vita, quasi avessero fatto una scelta simile ai monaci di clausura, chiusi nei loro conventi nella costante ricerca di Dio e nella privazione di un qualsiasi contatto umano all’esterno delle mura monastiche. Abbiamo quindi assistito a figli trascurati, famiglie spesso anche distrutte se soprattutto accanto non si ha avuto la fortuna di avere un coniuge in grado di comprendere le difficoltà della professione. E il tutto a che prezzo? Di una vita agiata per via dei compensi elevati? Ma magari! Il fatto è che si lavora tanto oramai e non si guadagna più quasi niente. Mi vien da ridere poi quando mi mettono sotto gli occhi i risultati di alcuni studi in cui si evidenzia come il reddito di un professionista sia in netta diminuzione negli ultimi anni. Quanti professori a commentare questi dati e a raffigurarci come grandi evasori. Io a questa gente, che non ha mai lavorato nella propria vita, la rinchiuderei per un mese in uno studio e poi vorrei vedere se hanno ancora il coraggio di dire stronzate.

Bene, accanto ai titolari degli studi è opportuno dedicare qualche riga a coloro che insieme a noi vivono questa professione irta di difficoltà. Mi rivolgo ai nostri collaboratori, a coloro che a volte con grande spirito di sacrificio, trascurando le rispettive famiglie, ci aiutano a portare avanti il lavoro quotidiano. Mi ha colpito particolarmente il grido di dolore lanciato da un’impiegata di studio e che abbiamo inteso pubblicare su queste pagine. Dipendenti e collaboratori che, a differenza di altri che lavorano in altri settori, all’orario di chiusura dello studio non fanno cadere la penna volando a casa o in palestra, ma si attardano con i titolari o spesso anche da soli, per poter portare a termine quanto non riuscito a fare nella giornata. Collaboratori che spesso li trovi in ufficio il sabato e la domenica… e anche loro pensate che lo facciano per soldi? Vi assicuro di no, sono persone che sposano i problemi dell’ufficio e li fanno propri.

Mi vien da ridere quando sento alcuni collaboratori che operano in altri settori e che si lamentano del niente.

Il nostro sistema fiscale purtroppo ha distrutto non soltanto i commercialisti, ma anche tutti coloro che collaborano con noi e a loro mi sento di dedicare tutta la mia comprensione, perché non dimentichiamo che se lo studio va avanti è certamente opera del titolare, ma temo che senza i nostri collaboratori faremmo poca strada…

Quindi, cari politici e burocrati di turno, il frutto della vostra incompetenza è anche quello di aver reso impossibile la vita di centinai di miglia di collaboratori di studi, potrete pertanto andare fieri di ciò!

Per concludere, nell’Italia che ci è toccata in sorte, non si può non condividere le parole dello scrittore austriaco Thomas Bernhard, che ebbe a scrivere: “I paroloni e le frasi altisonanti io li ho sempre presi per quello che sono: manifestazioni di incompetenza alle quali non bisogna far caso”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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