26 giugno 2013

DIRE... FARE... BACIARE…

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi,
ricordate quando, nel lontano 1989, Luca Carboni cantava “dire, fare, baciare… occhio, questa è la palla che ci può salvare”? Beh, quella profonda canzone non parlava certo di crisi economica e di oppressione fiscale, bensì di una vita spezzata dalla droga, di sere d’estate ombreggiate dal buio della morte, di una crisi psicologica ed esistenziale che negli anni del boom consumistico aveva accecato non pochi giovani.

C’era però un disagio che forse non è tanto diverso da quello che stiamo vivendo oggi. Esempio ne sono le news che ci stanno bombardando nelle ultime ore.

Gli scandali di questi giorni sul fronte politico hanno portato a due eclatanti notizie. La prima riguarda le dimissioni del ministro Josefa Idem, mentre la seconda si riferisce alla condanna a sette anni e all’interdizione a vita dai pubblici uffici di Silvio Berlusconi. Fossero questi i problemi del Paese, ci potremmo ritenere comunque soddisfatti, perché in qualsiasi modo si mettano le cose per simili personalità, i dilemmi rimarrebbero i loro senza intaccare la vita quotidiana ed economica dei comuni cittadini. Purtroppo però i nostri affanni poco si alleviano se un ministro si dimette o se un ex presidente del Consiglio viene condannato. Anzi possiamo ben dire che si avviano a un peggioramento proprio perché, mentre le prime pagine dei giornali sbandierano tali ultime novelle, il governo si appresta a rispettare l’aumento dell’aliquota Iva che dal primo luglio passerà dall’attuale 21% al 22%.

Una simile maggiorazione era stata messa in preventivo già da più di un anno, ma nelle ultime settimane si stava parlando di una possibile sospensione, se non addirittura di una soppressione della norma. Purtroppo però proprio recentemente l’Unione europea ha fatto sapere che l’aumento potrà essere evitato solo se l’Italia dimostra di avere copertura sufficiente. In sostanza servirebbe un miliardo di euro per una sospensione di tre mesi o due miliardi di euro per una di sei mesi. Ciò secondo le stime del governo, che con la sospensione ripeterebbero quanto già effettuato prima con la Tares e poi con l’Imu.

Ma, a conti fatti, optare per il rinvio dell’aumento non è in realtà paragonabile a non prendere una decisione? È un prender tempo per arrivare, però, al medesimo obiettivo. Da un paio d’anni a questa parte si è rafforzata in me la convinzione che chi è deputato a guidare il Paese, tecnico o politico che sia, risulti estremamente slegato dalla nostra realtà quotidiana. Non mi stupirebbe affatto scoprire che un esponente del mondo bancario, quale è appunto il ministro dell’Economia e delle Finanze, poco sappia degli ostacoli che giornalmente incontrano migliaia di italiani ridotti a vivere al limite della soglia di povertà.

Ora, è chiaro che al punto in cui siamo arrivati, l’aumento dell’Iva non è la causa di tutti i mali, ma ci mette sicuramente il carico da undici. E non serve essere un tecnico di matrice bocconiana né un autorevole esperto da talk show per capirlo. Il fatto è che a pagarne le conseguenze non saranno solo i contribuenti, ma l’intero sistema produttivo, e alle casse erariali rientrerà un gettito sicuramente inferiore rispetto a quello attuale. Si consideri infatti che con il passaggio dell’aliquota Iva dal 21% al 22%, i consumi cadranno e, come conseguenza, si porteranno dietro un ribasso della produttività. Morale della storia? La nostra filiera imprenditoriale vivrà un ennesimo periodo buio, che sarà ancora più arduo da superare per le piccole e medie aziende. Le imprese appenderanno gli strumenti produttivi al chiodo, i negozi chiuderanno e i consumatori se ne rimarranno in casa per evitare di spendere. E l’erario? Beh, con molta probabilità continuerà a pretendere il dissanguamentofiscale da tutti noi.

Ecco, non dico che in un momento in cui lo Stato ha bisogno di liquidità non si debbano fare sacrifici, ma questi devono andare di pari passo alle pulsioni verso la ripresa. Al momento nel nostro Paese i governi si limitano a chiedere, senza dare. Proprio nei mesi scorsi il numero uno della Banca centrale europea, Mario Draghi, in un’intervista al Wall Street Journal, dichiarò che occorre puntare su due varianti di "consolidamento fiscale": una centrata sulla riduzione della spesa pubblica, l'altra sull'inasprimento delle imposte. Purtroppo in Italia si è puntato tutto sulla seconda, perdendo di vista la prima. Persino il governo di larghe intese guidato da Letta sembra non essere intenzionato alla virata. Bene, allora continuiamo così, tanto l’iceberg è a pochi metri e metterà la parola FINE su ogni speranza di ripresa.

Lo scrittore inglese Henry Fielding, più di due secoli fa, scriveva che “a colui il quale non si dà nulla, nulla si può chiedere”. Ora, sarebbe interessante capire cosa c’è in serbo per noi contribuenti, visto che finora i governanti non hanno fatto altro che chiedere… e chiedere. Anche se io ho il timore che qui, a parte una sfilza di delusioni, per noi non ci sarà nulla!
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