19 dicembre 2011

Fate quel che dico . . . non quel che faccio

A cura di Antonio Gigliotti

Le belle parole di chi non mette in pratica ciò che predica sono come fiori colorati, ma senza profumo. [Dhammapada]

Sarà il Natale alle porte, sarà che ci si sente tutti più buoni.
Sarà che parlare non costa nulla e spesso le belle parole mettono a posto la coscienza.

Sarà che siamo ormai abituati alle doppie verità, alla falsità.

In questi giorni cruciali per il nostro Paese, in cui è stata varata una manovra che annuncia molti sacrifici, è stato un continuo ripetersi di buoni propositi. Principi come equità, solidarietà, correttezza hanno riempito i discorsi dei diversi commentatori. E ad ascoltare, tutto sembra condivisibile.

Ma quanto di quel che ascoltiamo corrisponde al vero? Quanto è davvero sincero. Purtroppo ben poco.
Se l’Italia è nella situazione attuale, vuol dire che finora gli italiani con i suoi governanti non hanno applicato i bei valori dietro cui, spesso – molto spesso – si nascondono.
Al contrario, capita spesso che chi enuncia certi valori sia la negazione in persona degli stessi.

Siamo italiani, facciamo fatica a metabolizzare parole come meritocrazia e non ci scandalizziamo se le parole non corrispondono ai fatti.

Chi chiede sacrifici non sa neanche di cosa sta parlando perché non conosce il Paese reale. Non sa cosa vuol dire arrivare a fine mese con le pensioni minime. Non sa cosa vuol dire ritrovarsi dall’oggi al domani con l’Ici, o Imu che dir si voglia, da pagare.
Così cantava il grande Carosone molti anni fa, …” Mo vene Natale /nun tengo denare/ me leggio ’o giurnale/ e me vaco a cuccà”. Il clima in tempo di crisi è sempre lo stesso..
Il discorso non cambia se proviamo poi a spostare il nostro sguardo all’interno della Categoria: quanta delusione nel vedere tanti atteggiamenti copiati – spero presi in prestito - dal peggio che la politica poteva insegnare.
Manca poco al rinnovo della nostra governance ed in questo periodo ne stiamo vedendo e leggendo veramente tante.

Molte presenze in tv, radio, giornali per fornire rimedi all’attuale crisi economica e finanziaria, e per dire che la Categoria vive un periodo di difficoltà, come se questo fosse iniziato ora. Come se chi è nell’attuale governance della Categoria abbia scoperto, solo da pochi mesi le condizioni in cui svolgono la propria attività professionale i colleghi dei piccoli e medi studi, che rappresentano la maggioranza della categoria.

Chi aveva la possibilità di cambiare le cose e non lo ha fatto, forse, dovrebbe farsi un’autocritica e forse andare a casa.

BASTA
con gli slogan, BASTA con le promesse da campagna elettorale.

La Categoria è solo peggiorata in questi ultimi tempi, ed è stata ridotta a segretaria dell’amministrazione finanziaria. Ovviamente a costo zero.

Non ci sono scuse per certi fallimenti.

Bisognerebbe avere la dignità di ritirarsi in buon ordine.

E noi, commercialisti, che ogni giorno affrontiamo le problematiche della nostra professione sul campo, noi dovremmo aprire gli occhi e vedere cosa è stato fatto finora e avere la forza e il coraggio del cambiamento per non capitolare agli occhi della società.
La nostra Categoria si sta lentamente svuotando, non lasciamo che si disperda tutto.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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