Cari amici,
non passa giorno in cui il governo non sottolinei, con provvedimenti e disposizioni, le differenze abissali tra contribuente e Fisco.
Da una parte, vediamo infatti un contribuente che deve rispettare le norme, pagare le tasse, nonostante gli alti livelli raggiunti, e se si azzarda a non prestar fede alle scadenze, rischia la pena capitale (che in questo campo coincide con sanzioni, interessi, pignoramenti, ecc.) degna di un vero e proprio Stato di polizia.
Anche quando un contribuente prende il proprio coraggio con due mani e decide di ribellarsi al giogo del Fisco, gli viene ribattuto che le norme vanno rispettate così come sono e le tasse vanno pagate… Messa in questi termini, è davvero difficile controbattere!
Dall’altra parte poi c’è il Fisco, e la musica cambia! Eccome! In questo caso non ci sono scadenze se, per esempio, è lo Stato debitore nei confronti di un’impresa che ha erogato un bene o un servizio. Nessuna fretta! E anche con l’emanazione di norme e indicazioni legate a un adempimento si va con tutta calma. Anzi, come abbiamo avuto modo di toccare con mano, spesso queste indicazioni arrivano proprio a ridosso della deadline.
E decide sempre lo Stato anche quando a dichiarare incostituzionale una disposizione governativa è stata la Consulta. Mi riferisco, in questo caso, alla sentenza 70/2015 della Corte costituzionale. Vi è una platea di pensionati da risarcire, ma il governo si concede il diritto di decidere modalità, tempi e soggetti.
Detto questo, mi chiedo perché si meravigliano se poi le aziende optano per la delocalizzazione all’estero! E, sul punto, ritengo sia doveroso sfatare un falso mito: gli imprenditori non si spostano oltreconfine solo perché sono schiacciati dall’alta pressione fiscale, in quanto anche a parità di tasse preferiscono andare all’estero dove le briglie della burocrazia sono meno rigide e meno ostacolanti. Altra ragione risiede nella certezza del diritto, che da noi è quasi completamente assente.
Non si contano infatti le disposizioni disattese! Proprio negli ultimi giorni ne abbiamo avuto un nuovo esempio con la promessa dei bollettini TASI a casa dei contribuenti e con GERICO studi di settore comparso qualche giorno fa con notevole ritardo rispetto a quanto stabilito e fra l'altro nella versione beta, dove si dice “c'è, ma non lo puoi utilizzare”.
Si tratta dell’ennesimo ritardo che molto probabilmente ci condurrà a un’ulteriore proroga dei versamenti di Unico, alimentando il clima di confusione che oramai regna sovrano in campo fiscale. Infatti, in sede di dichiarazione dei redditi bisognerà poi ricordarsi a distanza di anni, rchi era soggetto a studi poteva differire il pagamento, gli altri no...
Pensate, qualche giorno fa sono stato intervistato a Radio 1 dove mi si chiedeva del 730 precompilato. Avevo preventivamente deciso di adottare toni morbidi e senza alcuna polemica, ma poi quando il giornalista mi ha chiesto cosa ne pensassi del fatto che se il contribuente non si accorge degli errori commessi dall’Agenzia delle Entrate relativi ai dati inseriti dalla stessa Agenzia, accettando quindi integralmente il modello, dovrà poi risponderne personalmente, non ci ho visto più! Ho perso la pazienza e gli ho detto che è questo ciò che mi fa "incazzare di questo fisco". Al che il giornalista mi ha corretto, chiedendomi se forse non intendevo dire “arrabbiare". Ed io no, volevo dire di peggio, ma mi sono limitato...
Questa è la realtà. Noi comuni contribuenti (e, nel nostro caso, professionisti) perdiamo le staffe oltreché i soldi, mentre loro, quelli che ci governano, non perdono niente… neanche la poltrona, alla quale stanno ben incollati nostro malgrado!