16 settembre 2013
16 settembre 2013

LA NORMALITÀ DIVENTA RARITÀ

A cura di Antonio Gigliotti

Autore: Redazione Fiscal Focus
Cari amici e colleghi,
oggi non voglio soffermarmi sulla crisi né sulla politica né tantomeno sulla nostra categoria calpestata, sono temi triti e ritriti sui quali voi ed io conosciamo le reciproche posizioni. Oggi vorrei dedicare questo spazio che mi sono concesso alla riflessione su qualcosa di dimenticato, come una vecchia storia della quale nessuno ricorda il finale: i valori.

C’erano una volta i valori, quelli che ti facevano vivere bene in mezzo alla società, che ti permettevano di scindere il bene dal male, che ti aprivano un varco negli affetti altrui. Quei valori alla base del rispetto, della stima e dall’amicizia, sentimenti dei quali l’uomo per sua natura non potrebbe fare a meno. Tuttavia oggi mi pare di assistere a una sorta di ‘de-umanizzazione’. I valori che abbiamo acquisito, che ci sono stati insegnati, che abbiamo fatto nostri nel corso della crescita, li stiamo abbandonando alla stregua di prodotti scaduti. Non ci interessano più. Non ci servono più. Camminiamo dritti per la nostra via, poco importa che il nostro vicino, il nostro collega, l’amico di una vita abbia dei problemi. Tutto ciò che non ha a che fare con ‘IO’ è inutile, pertanto non degno di attenzione.

Così che quella scala dei valori che i nostri avi hanno messo insieme per regalarci un futuro migliore, noi la stiamo mandando in frantumi, gradino dopo gradino. E una tale insensibilità, oltre a non concederci l’apertura agli altri, ci impedisce altresì di riconoscere nei nostri simili gli atteggiamenti propri della gentilezza, del rispetto, della fiducia. In uno scenario caratterizzato dall’aridità e dall’alterazione dei valori, finiamo con l’imprimere il marchio della diversità a quei pochi che ancora sono in grado di fare un sorriso agli sconosciuti.

Vi starete chiedendo perché, proprio oggi, io abbia deciso di mettere da parte Fisco ed economia per dedicarmi a questioni di siffatta levatura. Ebbene, la riflessione è nata per caso. Sfogliando un giornale mi sono imbattuto nella singolare storia di un uomo che, dirigendosi a lavoro usando la metro, si è inaspettatamente mostrato gentile con tutti i passeggeri. Lasciava libero il suo posto agli anziani, aiutava i disabili, sorrideva al vicino di posto… finché qualcuno, insospettito da tanta gratuita bontà d’animo, ha pensato bene di chiamare la sorveglianza. L’uomo è stato portato dai carabinieri. Il reato? Curarsi degli altri in una società di menefreghisti. Il suo desiderio, come ha spiegato poi agli agenti, era quello di rientrare a lavoro in pieno relax; così, dopo aver goduto di una meritata vacanza, aveva voluto condividere con gli altri, sconosciuti o no, il proprio ritrovato ottimismo. Morale della storia? Nessun plauso alla sua gentilezza, bensì al sospetto, alla sfiducia e allo sdegno che questa ha generato nei ‘compagni di viaggio’ dell’uomo. Tant’è che il capo della sicurezza si è addirittura complimentato con i passeggeri per la loro solerzia ed efficienza.

Ecco, è questo quello che abbiamo guadagnato dalla modernità? Il sospetto ha sostituito il rispetto, la povertà d’animo ha sostituito quella del portafoglio. Io, in tutta franchezza, rimango perplesso. Nelle scorse settimane manifestavo il mio stupore in merito all’onnipresenza del cellulare nelle nostre vite. Ebbene, a cosa serve essere costantemente connessi con gli atri se poi, nella quotidianità non digitale, non siamo in grado di riconoscerne l’autenticità?

Ritengo che sia quanto mai opportuno riposizionare la scala dei valori, perché anche questo può contribuire a rendere migliore la vita nel nostro Paese.

Lo scrittore-filosofo libanese Kahlil Gibran scriveva che “l'indifferenza è già metà della morte”. Un Paese morto per metà vede appassire ogni speranza di ripresa.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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