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PARTITA DE CABALLO LLEGADA DE BURRO (Partito cavallo, arrivato asino)

a cura di Antonio Gigliotti

Le vicende politiche di questi ultimi mesi ci riportano sempre di più alle nostre vicende di categoria. Ma procediamo con ordine.

È passato circa un anno da quando l’attuale presidente del Consiglio, Mario Monti, fu chiamato dal Capo dello Stato per rimettere in piedi il Paese. Certamente si dirà che in un anno non si poteva far meglio, visto il tempo a disposizione. Per far fronte all’emergenza, come abbiam visto, non è stata messa in campo solo l’economia, ma sono stati coinvolti anche pensionati in lacrime, studenti sfigati e precari choosy.

In ogni caso, il bilancio dei tecnici è iniziato con un trend positivo, del resto non potevano far peggio dei governi che li hanno preceduti.

Al rigore e ai sacrifici, non è ancora seguito ciò di cui l’Italia aveva bisogno. In particolare, in tema di spending review è stata emanata una legge assolutamente insoddisfacente; per quel che concerne la legge anticorruzione, si tratta solo di fumo negli occhi, in quanto è inefficace; per seguire, la lotta all’evasione fiscale ha avuto come conseguenza un eccessivo e insostenibile aumento delle tasse; infine, dopo un gran parlare e legiferare, in realtà le liberalizzazioni sono quasi inesistenti; e in conclusione, all’orizzonte non si vede nessuna vera strategia per risollevare le sorti delle imprese, così come in stallo è il comparto scuola e Università.

E tutto ciò tenendo presente che si tratta di un governo di tecnici e bocconiani. Frequentatori della Bocconi, di consigli di amministrazione di banche e poi di Bruxelles. Tutti posti molto chic, ma nello stesso tempo asettici e austeri, per nulla paragonabili agli ambienti che si possono trovare nelle officine delle aziende sporche di unto o ai reparti produttivi di una fabbrica piena di rumori assordanti.

Forse la verità sta proprio in questo: i tecnici che ci stanno governando, certamente conoscono l’economia dei numeri, ma non quella delle persone, delle imprese. Non hanno cuore e passione per il prodotto, per il genio che sta dietro alla nostra economia. Hanno invece, sì, grande passione per i bilanci. Basta vedere come parlano degli imprenditori e dei lavoratori. Non conoscono i sacrifici e la passione di chi combatte in trincea quotidianamente. Nei momenti di crisi, un imprenditore cerca, pur di mandare avanti la sua impresa, di inventare il lavoro per non fare stare a casa i dipendenti. Un tecnico invece cosa fa? Taglia. E basta.
Del resto anche i numeri sono pietosi. Lo dimostra un raccapricciante confronto delle principali variabili economiche dell'Italia fotografate un anno fa (8 novembre, data in cui Berlusconi ha perso la maggioranza alla Camera) e nell'anno di disgrazia 2012. Se non fosse per lo spread, che allora toccava i 575 punti base e oggi si attesta su un poco rassicurante 360, il resto mette i brividi. Pil in caduta, disoccupazione ben oltre il 10%, ordini in calo, consumi in crollo verticale e produttività, come dicevamo sopra, piatta con una classe imprenditoriale sempre più spaventata del futuro.

Leggevo, l’altro giorno, un’intervista a uno dei maghi dei numeri, il quale arrivava ad affermare che in alcuni casi, nei tempi di recessione, conviene tener fermi i dipendenti perché “il lavoro genera costi”. Ma vi sembra un discorso da imprenditore? E allora mi dovrebbero spiegare come si fa a uscire dalla recessione senza il lavoro.
A tal punto, mi è venuto in mente un fatto che ho letto qualche tempo fa, relativo al vecchio Michele Ferrero, il patron dell’omonima casa produttrice di prodotti dolciari. Un amministratore delegato, molto tecnico e prettamente amante dei numeri, abbastanza simile all’attuale Monti, era andato da lui per proporgli di mettere tutti gli operai in cassa integrazione. E il patron in dialetto piemontese gli chiese: “A puduma nenta fei fé chicusletta me cu fasima ma vota? (Non possiamo impegnarli in qualche lavoretto come si faceva una volta?). Risultato: gli operai evitarono la cassa integrazione. L’amministratore delegato fu licenziato. E la Ferrero riprese la sua attività meglio di prima.

Quanto sopra in un certo qual modo ridisegna le vicende della nostra categoria e della sua leadership. Una governance partita in pompa magna cinque anni or sono, con grandi proclami, promesse e aspettative, con il passare del tempo ha dimostrato di essere incapace di affrontare e risolvere le reali situazioni quotidiane della categoria, fino ad arrivare allo sfacelo di cui siamo, oggi, tristi spettatori. Gli slogan, i progetti e le speranze di un tempo si sono affievoliti ben presto, lasciando terreno fertile allo sdegno, alla sfiducia e all’abbandono di una base che mai come in questo periodo si sente sola e priva di tutele. Pensando quindi all’attuale situazione politica ed a ciò che stiamo vivendo come categoria, mi viene in mente un vecchio detto spagnolo che così recita: PARTITA DE CABALLO LLEGADA DE BURRO (partito cavallo, arrivato asino).

Nonostante quanto sopra non posso nascondere la mia natura ottimista, pertanto chiuderei queste riflessione con una locuzione appartenente al rito della Messa in lingua latina: SURSUM CORDA! "Su col morale", colleghi!
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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