21 luglio 2014

POS: L’ENIGMA SENZA FINE

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici,

uno dei miei grandi difetti è quello di essere impulsivo, tant’è che già da piccolo mio padre mi ripeteva di contare fino a cento (10 per me non bastava) prima di dare una risposta o di reagire a qualche provocazione.

Ora, in virtù anche dell’esperienza accumulata, ho fatto mio questo consiglio che mi porto dietro dall’infanzia e non nascondo di averlo adoperato anche nel caso tanto problematico legato all’obbligatorietà del POS.

Intendiamoci, non ho nulla da ridire su misure che implicano chiaramente un impegno nella lotta all’evasione: tutto ciò che va davvero verso questa direzione va sostenuto e difeso… a una condizione. Quale? Ebbene, che le misure messe in atto siano concretamente efficaci e realmente adatte allo scopo. E a me, in tutta franchezza, non sembra che la questione del POS risponda a tali requisiti.

Come ben sappiamo, a partire dallo scorso primo luglio imprenditori e professionisti hanno dovuto munirsi di POS al fine di accettare i pagamenti a mezzo di carta di credito, ciò permetterebbe all’Amministrazione di ottenere una maggiore tracciabilità delle transazioni evitando situazioni di ‘sommerso’. Si tratta di un obbligo, ma non ne ha tutte le caratteristiche, in quanto non sono previste sanzioni per coloro che non si sono messi in regola. Un tale quadro mostra ancora una volta la carenza organizzativa di un’Amministrazione che fa le cose, le fa male e le lascia addirittura incomplete. Insomma, all’italiana!

Ma veniamo al punto. Sarei anacronistico se dichiarassi che il pagamento elettronico non incentiva i consumi. È chiaro infatti che la riduzione dell’uso del contante e una più marcata diffusione della moneta elettronica sono elementi che conducono all’ottenimento di benefici per la collettività, quali appunto una maggiore sicurezza per gli esercenti, una migliore propensione agli acquisti per i consumatori e la possibilità di tracciare tutti i movimenti.

Fin qui nulla da ridire. I punti di partenza sono buoni e ampiamente condivisibili. Ma la discussione, ahimè, non si esaurisce qui, nell’elencazione degli elementi di forza. Purtroppo questi vengono spazzati via con un colpo di spugna che ha un nome ben preciso e che coincide con gli ulteriori costi di gestione del POS posti sulle spalle di imprenditori e professionisti, oltre ovviamente a tutti gli altri oneri ai quali questi soggetti devono già far fronte. Ora, anche su questo tema brancoliamo nel buio. Gli operatori hanno espresso non poche difficoltà, sulle quali il governo sta riflettendo ma con un evidente ritardo. Il primo incontro per discutere di tali disagi si è tenuto lo scorso 15 luglio, vale a dire dopo due settimane dall’entrata in vigore dell’obbligo, e il secondo si terrà il 22 luglio, in sostanza dopo venti giorni. E intanto? Cosa devono fare gli operatori? Perché è chiaro che con questo sistema non ci guadagna né lo Stato né i soggetti obbligati… a guadagnarci sono solo le banche!

In merito ai costi, vorrei porre un focus sull’interessante studio condotto nelle scorse settimane dalla Confcommercio. In sintesi, l’associazione di categoria ha confrontato l’incidenza dei costi relativi alla gestione del POS per un’azienda con fatturato annuo pari a 150 mila euro con una avente fatturato annuo di 400 mila euro. Ebbene, ne è venuto fuori che per l’impresa con fatturato annuo di 150 mila euro, l’incidenza stimata sul fatturato incassato tramite POS, al netto d’Iva, è più alta ed è pari al 3,12%, vale a dire 1.920 euro; parallelamente, per l’azienda con fatturato annuo di 400 mila euro la percentuale dell’incidenza è del 2,22%, ossia di 3.645 euro. È chiaro quindi che v’è la necessità di chiarimenti seri.

Ciò detto (ed è già abbastanza da mettersi le mani nei capelli), si deve altresì tener presente che lo scorso febbraio è persino sfumata la possibilità, auspicata dagli operatori, di un provvedimento col quale ridefinire le regole generali per assicurare una riduzione delle commissioni bancarie.

Ecco, leggendo tutti questi elementi uno dopo l’altro, il risultato è la descrizione di una macchina costruita senza né capo né coda, senza motore, priva di ingranaggi, senza logica, senza regole. Un progetto allestito da dilettanti e buttato sulla strada, lasciando i soggetti coinvolti alla mercé delle banche.

Io credo che sarebbe stato senz’altro opportuno introdurre un principio di gradualità, magari prevedendo l’obbligo del POS per soggetti con fatturato superiore a predeterminati livelli e procedendo a una ridefinizione “sostenibile” delle commissioni bancarie.

Questa è la mia modestissima opinione. Dico ‘sì’ alla lotta all’evasione, necessaria se davvero si vuole riportare alla luce l’economia italiana. Ma dico ‘no’ a tutti questi provvedimenti inutili che non risolvono nulla, aiutano solo le banche a scapito dello Stato e dei cittadini, soprattutto quelli che appartengono al già vessato popolo delle partite Iva.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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